Intervista a mia madre, Gigliola Cinquetti. Parte prima: la mia carriera


 
Mesi fa, quasi per gioco, ho fatto una lunga intervista a mia madre che ora vi propongo in due tranches. Un figlio che intervista una madre è cosa inconsueta, ma proprio per questo credo siano usciti fuori spunti che mi auguro troverete interessanti.
  
 Come hai cominciato? Che volevi fare da bambina,  perché sei diventata una cantante?

Da bambina volevo fare il muratore o il falegname, cioè dei mestieri dove si usassero le mani per fare delle cose. Mio padre faceva il disegnatore edile e lo accompagnavo spesso nei cantieri: rimanevo incantata dai muratori, da chi impastava la malta o metteva un sasso su un altro per costruire un muro; volevo fare un mestiere dove usando le mani avrei potuto costruire qualcosa. Una volta io e mio padre abbiamo addirittura pensato di costruirci una casa da soli, avevo circa 10-12 anni. Da bimba io cantavo spontaneamente, anche perché mia madre cantava a casa le canzoni degli anni '50. Mio padre mi chiedeva spesso di cantare per i suoi colleghi quando lo venivo a prendere in ufficio (all’epoca c’erano poche macchine e a Verona i bambini giravano a piedi, io stessa andavo a scuola da sola con mia sorella), la cosa mi piaceva perché lui era orgoglioso di me. Io ero timidissima nell’approccio umano, non parlavo con nessuno, però cantavo. Ecco io non parlavo ma cantavo. Cantando compensavo la timidezza e potevo dire delle cose molto più complesse di quello che una bambina poteva dire col suo vocabolario ristretto, infatti mi piacevano le canzoni d’amore, le canzoni da adulta e detestavo le filastrocche e le canzoni per bambini. Io avevo dentro di me il fuoco della passione, o almeno così mi vivevo; non della passione amorosa in senso stretto ma della passione anche eroica o avventurosa. Mi piaceva molto perché piacevo a chi mi ascoltava, anche se probabilmente ero grottesca all’epoca. Eppure il mio canto imponeva il silenzio agli adulti, fin dall’inizio chi mi ascoltava rimaneva incantato e stupito. Mi ci sono presto abituata ed era quello che io volevo, mi piaceva. In questo modo avevo l’attenzione e la considerazione degli adulti. Più avanti ho cantato per la prima volta a 11 anni all’antico teatro Ristori a Verona, e quando ho visto l’ambiente di questo teatro, la platea, i palchi, non era certo un ambiente a me noto: non ero mai stata in un teatro come spettatrice, sono entrata subito dalla porta degli artisti. 
 
Teatro Ristori
Ebbi subito successo, malgrado fossi terrorizzata, ma siccome avevo dato la mia parola a papà che avrei cantato, non potevo tirarmi indietro, anche se ero in estrema difficoltà, non pensai a rinunciare. Questo era impossibile. Io non potevo tornare indietro, dovevo andare avanti. Ho sempre fatto così nella mia vita, ho forzato i passi, perché tutte le cose che ho fatto per me sono state difficili da affrontare, però io avevo solo una direzione di marcia e non potevo sottrarmi. Anche dopo il successo di Sanremo ho avuto molti dubbi ed ho preso in considerazione l’idea di abbandonare, perché lì il successo è stato talmente forte da non consentire quel margine di dubbio che io volevo invece mantenere sul fatto di potere avere poi una vita davanti a me ancora tutta da inventare e da scegliere; non volevo che fossero gli altri a scegliere per me e quindi per un lungo periodo ho pensato: “Ok, vado avanti altri 6 mesi oppure vado avanti fino a 18 anni. A 15 anni firmai un contratto triennale con la mia casa discografica, la Cgd, quando vinsi Castrocaro, cioè pochi mesi prima di Sanremo e come tutti sanno Castrocaro dava il diritto di partecipare a Sanremo e quindi vincendo Castrocaro andai a Sanremo, vincendo Sanremo andai all’Eurofestival e nell’arco di pochi mesi la mia vita cambiò. Nonostante ciò, come dicevo prima pensai:“Dai 18 anni in poi mi riprendo la mia vita, invece poi firmai un altro contratto e andai avanti.

Quando cantavi non ho l’età già fumavi?

Ho fumato la mia prima sigaretta a 14 anni in prima liceo, ma fumavo poco, qualche cicca di nascosto ogni tanto.

Eri astemia?

Sono veneta, figurati se ero astemia! “Bevi un gozin de vin!”  Fin da buteleta i te abitua in Veneto!

Parliamo appunto di Non ho l’età. Ci hai fatto pace con questa immagine edulcorata che superficialmente la canzone può trasmettere?

Ho appena finito un tour in Francia dove ho fatto 100 spettacoli, e ogni volta c’è stata la standing ovation su Non ho l’età. Ci ho fatto pace da un pezzo e anzi persino Matteo Renzi l’ha citata, devo dire con grande garbo e leggerezza e mi ha fatto molto piacere. Per molto tempo nell’ambiente dello spettacolo e oltre c’era un pregiudizio molto forte nei confronti di questa canzone e di chi l’aveva cantata e ho dovuto fare molto per vincere questo pregiudizio che mi voleva appunto ipocritamente casta e pura. Vorrei inoltra augurare a Renzi buona fortuna, perché la sua potrebbe essere la nostra, e riguardo a lui, sono molto ottimista e contenta. Sono contenta che ci sia una persona che ha voglia di fare, ambizione e voglia di mettersi in gioco.
Francia, 2013

Ma tu vivevi quindi la dissonanza tra il testo della canzone che ti voleva casta e pura e la tua essenza di adolescente no?

Sì, ma voglio dire il testo della canzone lo puoi considerare come ti pare, la mia maniera per esempio di comunicare la canzone era quella di innanzitutto… una canzone è prima di tutto un fatto musicale e poi non dimentichiamo che il pezzo ha avuto un successo planetario laddove le persone, non conoscendo la lingua italiana, non hanno minimamente colto il significato del testo, però hanno colto comunque il significato di una canzone che ha emozionato e toccato l’anima e i sentimenti della gente. E questa emozione passava attraverso la mia voce e anche perché no attraverso un testo che aveva il candore e la potenza di un discorso diretto. Un discorso in prima persona che qualcosa voleva pur dire: “datemi tempo!”  Non ho l’età per amarti vuol dire io non sono pronta e io sicuramente questo tempo me lo volevo prendere e penso che fosse un fatto generazionale e che quindi al contrario dell’isolarmi rispetto alle mie coetanee mi mettesse insieme a loro; che per la prima volta volevano: a) essere protagoniste del proprio destino e non seguire quello delle madri e delle nonne e delle bisnonne, le quali poverine, a 15-16 anni si sposavano, vergini possibilmente, mettevano al mondo una barca di figli e buonanotte al secchio. Invece lì è iniziato quel percorso che ha portato noi donne a posporre sempre di più la data di una scelta definitiva per fare famiglia e figli, questo in nome di una consapevolezza da raggiungere attraverso un periodo formativo e iniziatico.

Peccato che ora a volte dura fino a 50anni!

Adesso siamo arrivati all’estremo opposto e bisognerebbe un attimo rivedere le cose, ma all’epoca era giusto fare così. Si passava dalla tutela genitoriale, nel caso della donna paterna, alla tutela maritale, così, senza passaggi intermedi. Quindi la donna era un’eterna minorenne, se non minorata e passava dall’infanzia a un matrimonio dove sostanzialmente rimaneva una bambina vita natural durante e quindi in questa infanzia protratta si potevano manifestare anche quelle manifestazioni dispotiche di certe donne che come dire comandavano in famiglia ed erano dispotiche; ma è un dispotismo questo che io collego con l’infantilismo, coll’immaturità.

Una compensazione del non essere stata artefice del proprio destino.

Ma certo! Rompere le palle agl’altri così come le hanno rotte a te…

Questa tua interpretazione è molto interessante. Uno leggendo il testo di non ho l’età superficialmente; pensa che esso riguardi solo il sesso; invece c’è molto di più, come stai facendo notare.

Esattamente. Naturale che ognuno poi  è libero di vederla come vuole. La vulgata ha fatto passare l’idea che fosse una canzone reazionaria, ma non più oggi, a distanza di 50 anni. E’ ridicolo considerarla reazionaria o progressista. Dico semplicemente che quando una canzone sopravvive nei decenni e si ascolta ancora vuol dire che c’è qualcosa che trascende la letterarietà del testo,c’è molto di più e poi tutte le canzoni, nessuna esclusa, soprattutto quelle belle, io non le ho mai analizzate esaminando il testo separato dalla musica, separato dall’interprete e soprattutto guardando a cosa significhi alla lettera. E’ ridicolo, come quando si guarda un quadro e si pretende di spiegare cosa l’autore volesse significare con quella determinata pennellata, ma va a quel paese! Beccatelo! Ti piace o non ti piace, fine!

Parlami dei tuoi rapporti professionali con altri artisti e autori.

Devo dire che a livello professionale io mi sento molto benvoluta dai miei colleghi. In genere a livello professionale ho buoni rapporti. Mi viene da citare Morandi, Ranieri, Nicoletta Strambelli, Loredana Berté , Vecchioni che per me ha scritto Sera con cui ho partecipato a Sanremo ‘68. Faletti che ha scritto per me Giovane vecchio cuore per Sanremo 95 e un album che io considero molto bello. Mimmo Locasciulli che ha prodotto Tutt’intorno un album notevole di cui sono orgogliosa.

Raccontaci un aneddoto inedito sulla tua carriera.

In Francia negli anni ’60 ho incontrato Jacques Brel e Charles Trenet. Negli anni ’70 George Brassens. Tre artisti straordinari che considero dei geni e che ho avuto la fortuna di conoscere. Avevo anche delle foto ma qualcuno del mio ufficio stampa le ha perdute durante un trasloco purtroppo.

Un altro episodio divertente è accaduto in Inghilterra nei sessanta: io incidevo per la Decca, a Londra, al tempo di Non ho l’età. Un giorno la casa discografica mi chiese di fare una fotografia con un gruppo di giovani che stavano lanciando in quel periodo, si chiamavano The Rolling Stones. Ci facemmo una foto, ma non so che fine abbia fatto. Loro mi colpirono: erano villanotti e si scaccolavano, neanche mi guardarono e si limitarono a posare con me.. Erano molto impegnati a far vedere quanto loro fossero pericolosamente eversivi, un gruppo rock inglese in quegli anni non poteva certo mostrarsi compito e educato, avevano l’atteggiamento irrispettoso che poi decretò il loro successo. In sostanza furono loro a chiedere a me il favore della foto e io pensai, ma guarda questi, mi chiedono di posare con loro e manco mi guardano (era buffo che io fossi la star e loro no, dopo pochi anni le posizioni si invertirono radicalmente).

Parliamo di questo tuo libro in uscita, perché lo consiglieresti?

Perché non c’è nulla di quello che già si sa di me. Perché il libro utilizza il mio percorso artistico solo ed esclusivamente in quanto mi permette un punto di osservazione: dal mio osservatorio ho visto e registrato quello che racconto nel libro. Questo libro è una elaborazione mnemonica. C’è una distanza abissale che separa me oggi dalla ragazza che sono stata, di cui parlo in terza persona. Quella ragazza non esiste più. Ho integrato i miei ricordi in una creazione letteraria. Il libro racconta quello che questa ragazza ha visto capovolgendo una situazione in cui era lei l'oggetto della curiosità altrui. Ora, decenni dopo, c’è la consapevolezza di una donna che nel frattempo è cresciuta e maturata. Il mio libro restituisce a quella ragazza il suo sguardo, è lei che guarda gli altri, non il contrario, questa ragazza non fa sconti a nessuno e ha una lucidità e direi anche una durezza nell’attenersi ai fatti e nell’esprimere un giudizio che non viene mai detto in termini espliciti, ma che nel libro c’è sempre, in termini impliciti.

Il libro racconta anche alcuni momenti topici della mia vita e affronta i temi di come io ho dovuto affrontare la mia crescita. Passa attraverso tutti i momenti che hanno comportato per me una crescita e una acquisizione di consapevolezza. Un percorso iniziatico verso la maturità, che ho iniziato guarda caso proprio con questa esperienza di un grande successo internazionale a 16 anni che ha completamente cambiato la mia vita portandomi in giro per il mondo.

All’inizio di questa intervista parlavi del compiacimento che provavi da bambina, durante le tue “esibizioni”, nell’essere al centro dell’attenzione degli adulti. Quando questa cosa ha assunto una dimensione professionale, di notorietà e di successo, provavi le stesse sensazioni?

No, non provavo più lo stesso piacere e rimpiangevo i tempi in cui lo provavo. Mi piaceva di più il rapporto col pubblico che avevo da dilettante. Ho recuperato invece negli anni della maturità e adesso il piacere di cantare per me stessa e per il pubblico. Non è più per piacere agli adulti o per essere all’altezza del mia nomea, non è più per avere successo o conservarlo. Adesso canto per il mio piacere e questo crea una risposta altrettanto gioiosa nel pubblico. Adesso è una sorta di festa, un incontro più libero e gratificante.

Cosa è un artista, intendo un vero artista, che requisiti deve avere?

Quello dell’autenticità, il mettersi in gioco veramente, e soprattutto avere una pulsione un movente, un bisogno che certamente non è quello di “fare l’artista”. O uno lo è o non lo è, ma non lo può “fare”. Molti subiscono il fascino del mestiere di artista: questi son quelli che non lo sono. Chi dice voglio fare l’artista perché artista è bello non sono degli artisti. Essere un artista non è facile per niente, è una rogna tremenda!

Eri più emozionata quando hai cantato a 11 anni al teatro Ristori di Verona o quando 5 anni dopo ti sei presentata al Festival di Sanremo?

Probabilmente a 11 anni, perché è stata la mia prima volta in assoluto davanti a un pubblico. Non è stato facile neanche a Sanremo, ma probabilmente la prima volta al Ristori è stata l’emozione più intensa. Quel qualcosa che si è stabilito immediatamente tra me e il pubblico, quel silenzio che era il silenzio dell’ascolto della mia voce condiviso con gl’altri, con questa massa di persone a me sconosciute che appena appena intravedevo nel buio; questa cosa magica mi ha fatto capire che io lì c’ero.

Qual è il momento che tu consideri apicale nella tua carriera?

Credo che l’apice della mia carriera siano stati gli anni ’70 con che nella versione inglese Go è stato in classifica in Inghilterra; con Alle porte del sole che è stato contemporaneamente in classifica in Inghilterra e in Germania e con cui vinsi “Canzonissima” , che fu al primo posto anche in Italia. In quel momento ero nelle classifiche in tutta Europa.

Tra le tue canzoni, quale ritieni la tua preferita?

Adesso quando canto Non ho l’età mi diverto molto, la faccio in un altro modo. Mi piace molto  Go quando la canto in inglese. Mi diverto moltissimo quando canto delle cover, ad esempio The winner takes it all, degli Abba, che ho cantato recentemente in Francia e durante “Tuffo al cuore” che è il mio ultimo concerto in Italia, che ho fatto con l’orchestra sinfonica diretta da Walter Sivilotti.

Recentemente sei stata in Francia in tournee con altri artisti francesi, tra cui Daniel Gerard, l’autore di Riderà , che già aveva incrociato il tuo cammino, raccontaci come.

Sì, successe molti anni fa, eravamo giovani. Ero in Costa Azzurra e stavo pubblicizzando L’orage il mio più grande successo francese, e i discografici mi fecero partecipare a tutta una serie di programmi televisivi e radiofonici. In uno studio radiofonico incontrai Daniel Gerard. Avevamo entrambi un’appuntamento in un’altra località subito dopo, e lo presi in macchina con me come passeggero, accompagnati da un signore che mi faceva da autista. Non ricordo esattamente dove stessimo andando, credo Antibes. Lungo la strada facemmo uno scontro frontale con una Porsche. La macchina si accartocciò come una scatola di sardine. Io ero sul sedile del passeggero e non mi feci nulla, mi tirarono fuori dal portellone posteriore, illesa. Lui, seduto sul divano posteriore, si fece un grosso taglio alla bocca di cui porta ancora i segni. Mentre lo suturavano coi punti, io gli tenevo la manina per rincuorarlo. Ci ricoverarono entrambi per una notte. Non ci siamo più rivisti fino a questa tourneè appena conclusasi, 40 anni dopo. Reincontrarci è stato molto carino e lui mi vuole a tutti i costi come guest star per la sua serata all’Olympia di Parigi a gennaio 2015.

Sei molto nota all’estero.

L’essere italiana è la forza e l’elemento propulsivo della mia fama all’estero. Io sono amata e popolare in Francia, in Germania, in Sudamerica, in Inghilterra e Giappone in quanto rappresento per costoro un’immagine idealizzata della donna italiana. La mia vocalità e la mia figura si avvicinano evidentemente a questa donna idealizzata. Tutto il mondo ha dell’Italia un immagine di armonia, bellezza, arte. Essere amati per questo è bello e commovente. Io amo il nostro paese per le stesse ragioni. Dobbiamo cercare di somigliare a questo ideale. Il mio essere artista è molto legato a questo ideale di armonia. Questo ideale è anche un bisogno etico per me, e lo si raggiunge anche attraverso dei conflitti. Conflitti ineludibili. Per rispettare la propria autenticità bisogna anche affrontare dei conflitti. Ma nessuno, tranne l’interessato, ne conosce il prezzo. Gli anticonformisti veri fanno poco rumore.

Gli anni ‘70 son stati l’apice, gli ‘80 che epoca son stata? Di cambiamento?

Negli anni ’80 ho iniziato a occuparmi di giornalismo e di conduzione televisiva, mettendo da parte il modo di vivere della cantante giramondo. Ho partecipato a Sanremo ’85 con Chiamalo amore canzone a cui sono affezionata, arrivando terza.

Ho lavorato per Linea verde come inviata. E’iniziato un processo che mi ha portato ad essere quello che sono adesso, visto che poi ho continuato fino ad oggi a condurre programmi televisivi e a fare esperienze giornalistiche con Gap, Sliding Doors, Di che sogno sei dove ho intervistato Carlo Caracciolo e Fedele Confalonieri sul ruolo dell’editore; e tanti altri.

Ti voglio raccontare un aneddoto curioso legato agli anni ’80: una sera andai al cinema a vedere un film di Fellini, “Prova d’orchestra”. Poco dopo feci un’intervista dove mi chiesero chi era l’italiano più rappresentativo per me ed io dissi Federico Fellini, perché ”vedere i suoi film mi fa sentire più intelligente”. Lui, letta l’intervista, mi cercò,senza trovarmi; finché un amico in comune mi disse: “Sai che Fellini ti sta cercando?”

Allora rimediai il suo numero e lo chiamai: lui mi ringraziò e si disse colpito da quella ultima frase sull’intelligenza. Non solo mi ringraziò ma mi disse: “Lo sai Gigliolina che ti ho sempre voluto bene? Vieni a trovarmi a Cinecittà sul set!”

Stava girando Ginger e Fred. Così andai per tre giorni sul set. Lui riceveva i suoi amici a pranzo in una saletta di Cinecittà, amava essere circondato dalla gente. Era attorniato da gente di cinema, italiani, inglesi, americani; biografi, attori, giornalisti, che volevano avvicinarlo. Lui mi diceva scherzoso: “Pensaci tu a questa gente Gigliolina, fai la padrona di casa!”

Dopo tre giorni tornai alla mia vita normale e non ci vedemmo più.

Perché non sei diventata anche attrice?

Non so, non c’è dubbio che cantare e la mia natura. Fare l’attrice lo è di conseguenza. Sono mestieri legati all’interpretazione. Però quella timidezza di cui ti ho parlato, che attraverso la musica ho potuto sconfiggere, riaffiora invece senza la musica. Per me recitando è un po’ più difficile scoprirmi. La musica ti avvolge e ti fa sentire protetta, la recitazione richiede un mettersi a nudo che la mia timidezza non ama troppo. Ho fatto qualche esperienza, ho fatto due film, ho ricevuto un premio con uno di essi che si chiama Testa di rapa, premiato con il Leone d’oro nella sezione film per ragazzi, ho fatto alcuni sceneggiati o fiction, sempre con discreti risultati. I registi che hanno lavorato con me mi hanno detto che sono brava, ma forse non ho coltivato abbastanza questa cosa.

Hai dei rimpianti?

 Non c’è vita senza rimpianti.

6 commenti:

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  4. Dear Giovanni,
    My name is Gregorio and I live in Poland...
    I am a simple IT engineer and Visual Studio programmer.
    I started the process of organizing the Polish Tour for Your Great Mamma next Year if possible.
    It is a shame for Polish Music Industry that Her Royal Highness the Queen of Italian Music Gigliola Cinquetti had no chance to sing in Royal Cracovia city were all Polish Kings - many of them educated in Italia - ask for Gigliola's Angelic Voice to give them Blessing for eternal life... Please, ask Her Majesty the Queen of Italian, Spanish, French, German, English, Greek and Japanese Song if She could accept the Invitation from Polish Gigliola Lovers to visit Polish Royal Cracovia and sing for us... any time and whenever convenient - Thank You in advance :-)
    Please, send me the text of this interview in English if possible or the link to the English version... God Bless You and Your Mamma Gigliola Cinquetti for the Great Love and Joy that You Share with us - all the Love hungry people in the World...
    Kind regards
    Grzegorz Krupinski - see my facebook page...
    gkr@vp.pl
    grzegorz.krupinski@hotmail.com

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  6. si prega di far loro ottenere il video Gigliola ... grazie !

    https://www.youtube.com/watch?v=rBmAXzbufBA

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